I fiori spiaggiati di Posidonia

29 ottobre 2018: una mareggiata di singolare entità, con onde che hanno raggiunto i 10 metri di altezza e venti che hanno di gran lunga superato i 100 km orari, ha flagellato le coste della Liguria. I giorni a seguire hanno visto amministratori locali, forze dell’ordine e volontari impegnati nel ripristino del territorio e dei servizi primari. 

La popolazione attonita e sbigottita davanti ad uno scenario talvolta apocalittico si è interrogata sull’entità dell’evento. 

Sicuramente a livello globale si sta riflettendo sul nostro futuro soprattutto dopo l’approvazione, lo scorso 6 ottobre, del documento relativo al riscaldamento globale redatto da un pool di centinaia di scienziati e ricercatori di tutto il mondo appartenenti all’Intergovernmental Panel on Climate Change, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Quello che è emerso non lascia dubbi sullo stato di surriscaldamento del nostro pianeta e sulle azioni che i governi di tutto il mondo sono chiamati ad adottare nell’immediato futuro (https://www.ipcc.ch). 

A livello locale, le spiagge e i litorali italiani si sono presentati profondamente modificati, con danni ingenti e numerose zone da bonificare. E la Liguria non ha fatto eccezione, anzi. 

A Diano Marina, un comune turistico del Ponente ligure, le spiagge si sono presentate relativamente pulite, nonostante le immancabili bottigliette di plastica, lattine e cicche di sigarette. Però, a sorpresa, lungo tutto il litorale, sono state ritrovate grosse porzioni di posidonieto strappate dal fondale assieme a centinaia di fiori di Posidonia oceanica.

Il Golfo dianese è inserito nel Sito di Importanza Comunitaria denominato Sic di Capo Berta e possiede una delle praterie di P. oceanica più vaste del Ponente ligure  (http://natura2000.eea.europa.eu). Questa pianta acquatica superiore, endemica del Mediterraneo, ha un ruolo ecologico ed economico elevatissimo tanto da essere inserita nell’elenco Aspim delle specie protette e inclusa nel documento redatto durante la convenzione di Berna relativo alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa. Non solo la specie ma l’intero habitat, il posidonieto, è considerato un vero e proprio hotspot di biodiversità e per questo protetto e costantemente monitorato (http://www.specieaspim.it; http://www.naturaitalia.it/static/temp/allegati_natura_italia/biodiversita/accordi/Convenzione_di_Ber na_IT.pdf). 

Come tutte le piante, anche P. oceanica necessita di luce per il suo sviluppo così come di parametri chimici, salinità e temperatura dell’acqua che non devono superare determinate soglie pena la sofferenza o addirittura la regressione delle praterie. Anche i fattori meccanici quali gli ancoraggi non regolamentati rappresentano sicuramente un notevole problema per la salvaguardia di questo habitat preziosissimo. La struttura di questa pianta acquatica presenta un denso apparato radicale che si propaga in profondità nel sedimento del fondale, stabilizzandolo notevolmente. La presenza di densi rizomi e dei fasci fogliari con foglie verdi e nastriformi che raggiungono lunghezze superiori ad un metro, costituiscono un habitat essenziale per migliaia di specie sia di vertebrati sia di invertebrati ed uno degli ecosistemi più produttivi del pianeta con una ricaduta economica di grande importanza per il comparto della pesca costiera e del turismo. Grazie all’elevatissima produzione di ossigeno, viene da sempre definita il polmone del Mediterraneo contribuendo al sostentamento di migliaia di specie ittiche. Proprio per la sua immensa importanza ecologica, P. oceanica è una specie chiave nell’ecosistema costiero mediterraneo e quindi è facile intuire quanto sia importante capire e misurare l’entità del danno subito durante la mareggiata a causa dello spiaggiamento di centinaia di fiori. La riproduzione sessuata di P. oceanica avviene grazie alla produzione di fiori ermafroditi (in realtà si tratta di infiorescenze) da cui, dopo alcuni mesi, si sviluppano i frutti chiamati “olive di mare” proprio per la loro forma e le loro dimensioni. 


Come quelle terrestri, infatti, i frutti della Posidonia sono costituiti da un mesocarpo ricco di sostanze oleose che avvolge il seme consentendone il galleggiamento fino a quando, marcito o mangiato da qualche pesce, libera il seme sul fondale generando una nuova pianta. Normalmente sulle nostre spiagge assistiamo allo spiaggiamento delle lunghe foglie di Posidonia che ciclicamente cadono e si depositano sul fondale, foglie morte marroni ma anche foglie verdi che formano un deposito di biomassa denominato “banquette”, all’interno del quale vivono numerose specie di artropodi, crostacei e insetti parte di un habitat costiero spesso sconosciuto e sottovalutato. Oltre al suo ruolo ecologico, la banquette protegge la spiaggia dall’azione erosiva del moto ondoso.  

Se siamo in ritardo per capire cosa sarebbe avvenuto se le nostre spiagge avessero affrontato la mareggiata “armate” della loro banquette, forse siamo ancora in tempo per analizzare se e quanto  la mareggiata abbia danneggiato il posidonieto in termini di riproduzione. Per questo chiediamo a tutti di poter inviare foto di fioriture spiaggiate (come quelle allegate all’articolo) all’indirizzo: info@informare.net per poter capire l’estensione del danno ma anche se e dove sia in atto la fioritura di questa pianta. 

 

Susanna Manuele

InfoRmare ASD